Conoscere un Paese, entrarci dentro per penetrarne lo spirito, non è cosa facile. Anzi, il più delle volte risulta impossibile, risolvendosi di fatto in una collezione di souvenir, foto e qualche ricordo di un piatto tipico.Non basta certo una visita fugace per apprezzarne le bellezze, e in Rwanda certo non mancano, ma implica soprattutto entrare in sintonia con la sua gente, con la necessaria apertura mentale. Bisogna fare spazio per far entrare qualcosa, ed è un esercizio per niente banale, perché richiede impegno e sacrifici. Proust diceva che il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre ma nell'avere nuovi occhi. Tutto sommato non è poi così diverso da quello che ci raccomanda il saggio africano Tierno Bokar quando consiglia ad ogni muzungu (uomo bianco) che abbia l'ardire di voler conoscere la realtà africana: "Se vuoi sapere chi sono, se vuoi che t'insegni ciò che so, cessa momentaneamente di essere ciò che tu sei e dimentica ciò che tu sai". Abbiamo voluto lasciarci coinvolgere da questa sfida, misurandoci con quell'Africa in sedicesimo che è il Rwanda. Dopo quindici missioni in Rwanda, fatte di incontri, lavoro in comune, confronti a volte sfociati in scontri, qui sono riassunte le impressioni e le riflessioni che ne abbiamo tratto. E gli insegnamenti.Si può imparare qualcosa anche da un piccolo Paese africano come il Rwanda? Sembra di poter rispondere positivamente a questa domanda, se solo si guarda con la giusta apertura a talune innovazioni in cui ci siamo imbattuti, nel corso degli anni.Perché, come diceva Plinio il Vecchio Dall'Africa c'è sempre qualcosa di nuovo .